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A Nairobi un tempo la domenica era sacra. La città si fermava completamente e, a parte le chiese, gli unici esercizi aperti erano un paio di negozi musulmani dalle parti di Eastleigh. Ora la domenica è un maledetto giorno come un altro, col traffico che soffoca Mombasa Road e le stazioni di polizia affollate come il Naku-matt, il supermercato. Alla Centrale, dove fanno prima a imbiancare le pareti che a dare una pulita ogni giorno, c'è sempre il solito odore: sudore mescolato a vernice fresca. L'agente Mollel, ex guerriero masai, i lobi lunghi e ad anello che gli arrivano sin sotto la mandibola - un segno di distinzione tra i Masai, ma di scherno tra colleghi e piccoli e grandi boss della metropoli - è alle prese con un caso a dir poco complicato. Nel parco pubblico della città è sbucata una termite, vale a dire, secondo il gergo degli sbirri di Nairobi, un cadavere uscito da un tombino dopo un violento acquazzone. Un vestitino leggero, sollevato fin sopra la vita, gli zigomi alti, la fronte alta, i tratti nobili e, su entrambe le guance, in basso, un'incisione a forma di O, la vittima ha tutta l'aria di essere una ragazza masai. Una prostituta masai, secondo il giudizio sbrigativo dei colleghi di Mollel e del patologo accorso sul luogo del delitto, uccisa probabilmente da una tardiva e maldestra "e-muruata", la cerimonia in cui alle ragazze adolescenti viene praticata l'infibulazione. Per niente convinto dell'ipotesi del medico e dei suoi capi, Mollel comincia le sue indagini.